mercoledì 12 gennaio 2011

Inception: sogno nel sogno


“Qual è il parassita più resistente? Un batterio? Un virus? Una tenia intestinale? Un’idea. Resistente, altamente contagiosa. Una volta che un’idea si è impossessata dal cervello è quasi impossibile sradicarla. Un’idea pienamente formata, pienamente compresa si avvinghia qui, da qualche parte.” Christopher Nolan inizia a costruire, da questo breve monologo, quello che probabilmente è stato il miglior film del 2010, almeno nel suo genere.
Lo script di “Inception” ha più di dieci anni: Nolan affascinato dal canovaccio di sceneggiatura si rese conto che il film per risultare di qualità necessitava di un budget estremamente elevato (il film è infatti arrivato a costare poco meno di duecento milioni di dollari) perciò decise di dedicarsi a progetti meno dispendiosi (“Memento”, “Insomnia”) ma nei quali l’influenza che lo script incompleto aveva avuto sul regista risulta alquanto evidente. Quando, circa alla metà degli anni 2000, Nolan pensò di riprendere in mano la sceneggiatura il cinema di genere era ormai alle prese con il grande successo suscitato dai film della trilogia “Matrix”. I punti di contatto tra le pellicole non sono molti, eppure il genere affrontato è simile e perciò il regista decise nuovamente di posporre il progetto “Inception”. Scelta a nostro avviso vincente, poiché ha dato modo a Nolan di utilizzare al meglio le innovazioni prodotte nel campo degli effetti speciali negli ultimi anni del decennio, e non ha permesso che il film venisse percepito dal pubblico come un’opera esclusivamente commerciale, girata per approfittare dell’ondata di popolarità portata dalla trilogia dei fratelli Wachowski. In realtà “Inception” si distacca nettamente sotto il profilo qualitativo da “Matrix” (che a sua volta è l’unico dei film della trilogia degno di essere ricordato). “Inception” nasce da una sceneggiatura migliore, è più realistico e verosimile pur essendo altrettanto visionario, le interpretazioni sono più intense e la scelta del cast è migliore.
Finalmente nel 2010, il film, dopo più di dieci anni di peripezie, riesce a prendere vita: il risultato è strabiliante.
(SPOILER)
Dom Cobb (Leonardo Di Caprio) è un estrattore, un uomo che si insinua nei sogni delle persone per rubarne le idee per conto di terzi. E’ il migliore nel suo lavoro, ma la sua abilità è minata dalla proiezione (prodotta dal suo inconscio) della defunta moglie Mal (Marion Cotillard), per il cui assassinio Dom è stato condannato ed è stato costretto a fuggire dagli Stati Uniti e a lasciare i propri figli. E’ la proiezione di Mal che fa fallire il lavoro che la Kobol Ing. commissiona a Cobb, cioè di estrarre informazioni dalla mente di Mr.Saito (Ken Watanabe), potentissimo uomo d’affari, ma sarà proprio Saito, particolarmente colpito dall’abilità di Cobb, ad offrire all’estrattore l’unica cosa che veramente desidera: la possibilità di tornare a casa. Dom dovrà riuscire a fare un innesto (in inglese inception, appunto) per convincere il figlio del rivale in affari di Saito, Robert Fischer (Cillian Murphy) a dividere l’impero economico del padre (Pete Postlethwaite). In cambio le potenti amicizie di Saito faranno cadere le accuse che costringono Cobb lontano da casa. Per fare ciò Cobb avrà bisogno dell’aiuto di un Manovratore, cioè il suo migliore amico Arthur (Joseph Gordon-Levitt), di un Falsario, il ladro Eams (Tom Hardy), del Chimico Yusuf (Dileep Rao) ed infine di un Architetto, Arianna (Ellen Page) che possa “progettare” i tre “livelli” di sonno attraverso cui la squadra dovrà muoversi per riuscire nel suo intento.
(FINE SPOILER)
Il ruolo di Michael Caine (interpreta il suocero di Cobb) è poco più che un cameo ma permette all’attore britannico di dimostrare come sempre quanto sia meritata la sua fama.
Inoltre questo film pregevole in tanti dei suoi aspetti ci diviene particolarmente caro poiché verrà ricordato, purtroppo, come una delle ultime interpretazioni di Pete Postlethwaite (non è sicuramente una casualità che il bravo attore inglese interpreti il piccolo ruolo di un malato terminale), deceduto qualche settimana dopo l’uscita del film nelle sale.
La regia è ovviamente di primo livello, movimenti di macchina frequenti ma mai inutili, il montaggio è serrato nei momenti più concitati e i piani sequenza più lunghi nei momenti di riflessione (che per un film del genere non sono affatto pochi). Nolan sembra fare scuola su come girare un “Blockbuster” di qualità, mantenendo elevato l’interesse del grande pubblico senza che però ne risenta lo stile registico che risulta sempre e comunque molto elegante. I dialoghi intelligenti e lineari permettono allo spettatore di godersi una trama che se non ostica si può definire quantomeno complicata, ed è ottima la scelta di ridurre al minimo le battute tipiche del kolossal d’azione (per intenderci le battute alla Bad Boys).
L’interpretazione di Leonardo Di Caprio è la ciliegina sulla torta, l’attore che dai primi passi, a nostro avviso mediocri, di “Titanic” e “La maschera di ferro”, ha iniziato un’ascesa verso l’olimpo dei migliori attori hollywoodiani della storia che non accenna a fermarsi; il sodalizio con Scorsese, le esperienze con Spielberg e Scott, ci restituiscono di film in film un attore sempre più completo, espressivo e di talento. L’unica nostra paura, dopo aver visto pellicole di grande qualità come “The Departed” “Blood Diamond” e “Nessuna Verità”, era che Leo rischiasse di chiudersi in un ruolo caratteristico che dava vita a personaggi, fatti rivivere sì in maniera egregia, ma con caratteristiche troppo simili che rischiavano di appiattire l’interpretazione dell’attore: l’eroe solo contro il mondo, pieno di nevrosi e insicurezze, diciamocelo, aveva un po’ stancato. Dom Cobb è tormentato, ma non come il nevrotico Billy Costigan, il suo è un tormento razionale privo delle fragilità del personaggio di Scorsese, e affronta sì un’evoluzione, una catarsi, ma si tratta di un cambiamento che avviene all’interno dell’animo del personaggio partendo da basi già insite nell’animo stesso, e che non ha nulla a che vedere con quello completo e repentino di Danny Archer in “Blood Diamond”. Infine, pur avendo un ruolo predominante all’interno della storia, Cobb ha accanto a sé amici e compagni (tutti interpretati da ottimi attori) che lo aiutano, volenti o nolenti, ad affrontare i suoi fantasmi e a riuscire nel suo intento. È un solitario ma non come e non quanto il Roger Ferris di “Nessuna verità”.
Per concludere: “Inception” è un film intelligente e appassionante, ha tutte le caratteristiche positive di un film d’azione eppure è profondo e lascia un messaggio, ha un ottima storia drammatica eppure non è mai angosciante; inoltre affronta in maniera originale il tema del sogno, un tema che ha sempre affascinato e rapito la mente umana. Quindi correte a vederlo. E se volete un consiglio guardatelo un paio di volte, lo apprezzerete a pieno.

Stefano P.

2 commenti:

  1. Molto molto bene. Purtroppo "Inception" è uno dei film che ho perso nell'ultima stagione, e me ne rammarico giorno dopo giorno di più. Concordo con la tua definizione di blockbuster di qualità: è esattamente l'espressione che mi viene in mente guardando il trailer. E concordo anche sul tuo giudizio su Postlewhite (che ho apprezzato particolarmente in "Nel nome del padre", e che recentemente è comparso anche nel mediocre "The Town").
    Invece, come saprai, non mi esalto particolarmente con "Blood Diamond", pur riconoscendo la grande interpretazione di Di Caprio (che quest'anno ha messo a segno un altro grande colpo: "Shutter Island")

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  2. Ma che bella recensione! :D
    Persino io che generalmente fuggo da questo genere di film mi sto lentamente appassionando, devo dire la verità. Non che ne abbia visti molti, ma diciamo che sono più propensa a farmi costringere a vederli ;)
    Credo poi che Di Caprio riesca benissimo in questo genere di ruoli: almeno in "Shutter Island" c'ha fregato tutti e fino a pochi minuti prima della fine del film credi davvero che lui sia un investigatore...
    Magari me lo vedrò questo film, così poi ne possiamo riparlare!

    un saluto e viva l'Accademiaaaaaaa!!!

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